Image credit: Frida Maureen Hultberg

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Story freely inspired by the works of the TVA (Tennessee Valley Authority) in the 1930s.

 

 

The more my father plows

the more the earth is filled with dirt.

When the rain comes down

it drags away the uprooted earth

with nothing to hold it firm.

But we live where neither freedom

nor the fate of rain and sun

can draw out the good.

 

My grandpa's face has fallen.

Evenings, he no longer tells migration stories.

Sometimes he pretends not to see me.

His eyes are now warrens,

and defenseless animals are his memories

that prophesy the predator.

First it’s just the barking of my dog,

and then only my mom can hold me back.

But only two weeks later

the valley behind the hill fills up

with a deep sound, the constant commotion

of machine gun bursts and explosions.

 

Everybody says the government, the government.

And the more they say it, the more I can't stay still.

I bolt from the house one morning,

and before my mom can notice and give her warning

I’m climbing through the trees and up the hill.

 

I end up where the wood suddenly stops

and the rest is a steep stretch to the top,

the thick, yellow stalks of grass

like whats left of the wheat at harvest time.

But I'm twelve, so bruise and scrape

is what they call me.

I see a man standing on the hill against the sun,

and I can’t stop myself.

He surveys the valley, and doesn't notice me

until I am right behind him.

I ask: Are you the government,

and you the one who’s waging war?

 

All the while I look where he is looking

and I can't give a name to nearly any

of the things I see.

I'm full of questions.

The Government has no time to respond

each time I point to someplace else.

 

Crane, jackhammer, asphalt,

bulldozer, and hundreds of cubic meters of earth.

He says if it’s war, its a war on dust,

and that’s at the dam’s foundation.

So what’s a dam?

I see he’s happy to explain, even though he knows

I get about a half of what he says.

 

I come home, set foot on the porch,

happy but with the grim eyes of a vet,

the defiant gaze of a prophet

you can ask anything.

But that doesn't spare me

a good hiding.

 

In the next days

when I hear my father talk about the government,

I tell him that I met him

and that there is no need to be afraid,

that he will soon knock on our door

and that we will survive the winter.

My dad’s face doesn’t change,

but I see that grandpa’s listening to me.

He’s the one who asks this time,

and I’m the one who tells.

 

My father is the first to experience it.

Grandpa is the one

who opens the door to Government.

The first thing he tells him is:

I came to Tennessee,

you made me a promise,

now I hope you are here to keep it.

 

Government sees me, understands,

and ruffles my hair in greeting.

Perhaps the best thing I've done so far

is meeting you.

 

Now I'm ninety years old and I've been

the primary school teacher

to half this county for decades.

Nothing has changed from my childhood.

Neither a choice nor ideas 

nor the fate of rain and sun

nor what I promise

can ever flush the good out of its den.

Only one man on a mission

who wholeheartedly tries to explain

to a kid and fails,

but he  gives him the words.

*

Racconto liberamente ispirato alle opere della TVA (Tennessee Valley Authority) negli anni 30.

 

 

Più mio padre ara

più la terra si riempie di polvere.

C’è un’aria di morte

che la pioggia non può risolvere

anzi quando viene

trascina via con sé la terra divelta

che nulla trattiene.

Viviamo dove né una tua scelta

né il fato di pioggia e sole

riesce mai a stanare il bene.

 

La faccia di mio nonno si è spenta

la sera non racconta più storie di migrazione.

Certe volte fa finta di non vedermi.

I suoi occhi adesso sono tane

le sue memorie animali inermi

che presentono il predatore.

 

Prima è solo l’abbaiare del mio cane

e finché è solo questo mia madre riesce a trattenermi

ma poi dopo due settimane

la valle dietro la collina si riempie

di un fondo di suoni di un rombo costante

come raffiche di mitra ed esplosioni.

 

Tutti dicono il governo il governo

e più lo dicono più non riesco a capire

e a starmene fermo.

Un mattino esco di casa di corsa

e prima che mia madre possa accorgersi e reagire

mi inerpico tra gli alberi su per le colline.

 

Arrivo dove il bosco si interrompe di colpo

e il resto fino in cima è un tratto ripido di erba gialla

dura come ciò che resta delle spighe dopo la mietitura.

Ma ho dodici anni e livido e sbucciatura

sono il mio nome e cognome.

Vedo un uomo che si staglia sulla cima contro sole

ma non mi fermo anzi.

Guarda nella valle non mi nota

finché non gli sono alle spalle.

Sei tu il governo

sei tu che fai la guerra? gli chiedo.

 

Intanto guardo dove lui guarda

e non ho un nome per la maggior parte

delle cose che vedo.

Sono tutto una domanda

Governo non fa in tempo a rispondere

che indico qualcos’altro.

 

Gru martello pneumatico asfalto

ruspa centinaia di metri cubi di terra

dice che se è una guerra è una guerra alla polvere

e che quella è la radice di una diga.

E cos’è una diga?

Vedo che è felice di spiegarmi anche se sa

che capisco la metà di ciò che dice.

 

Torno a casa metto piede in veranda

felice gli occhi truci da reduce

lo sguardo di sfida di un profeta

cui si possa fare qualsiasi domanda.

Ma la cosa non mi vieta

di prenderle di santa ragione.

 

Nei giorni successivi

quando sento mio padre parlare di governo

gli dico che l’ho conosciuto

che non c’è da aver paura

che presto busserà alla nostra porta

e che sopravvivremo all’inverno.

Lui resta con la faccia scura

ma vedo che il nonno mi ascolta.

Lui è quello che domanda questa volta

e io quello che racconta.

 

Dove lo hai conosciuto?

In cima alla collina.

E profetizzo di un uomo

con gli occhi fermi

il vestito della domenica

le scarpe coperte di polvere

e la notizia di qualcosa di nuovo e buono.

 

Dopo qualche giorno si viene a sapere

che Governo ha cominciato.

Bussa di porta in porta

ma non c’è niente che possa dire

per convincere la gente a farlo entrare.

I figli dei vicini cominciano a guardarmi in modo strano

le loro madri addirittura torve

spiego loro che si tratta di un metodo sperimentale

di un nuovo fertilizzante a base di fosfato

e che la guerra alla polvere si inizia

pettinando la terra

ararla rispettandone le curve.

 

Mio padre fu il primo a sperimentarla.

A Governo apre la porta mio nonno.

Sono venuto in Tennessee

mi avete fatto una promessa

adesso spero siate qui per mantenerla

non un’altra tassa o roba simile.

Fu la prima cosa che gli disse.

 

Governo mi vede capisce

e mi arruffa i capelli in segno di saluto.

Forse la cosa migliore che ho fatto finora

è averti conosciuto.

 

Adesso ho novant’anni e sono stato

il maestro elementare di mezza contea.

Dalla mia infanzia niente è cambiato.

Né una scelta né un’idea

né il fato di pioggia e sole

né quello che ho promesso

potrà mai stanare il bene.

Solo un uomo in missione

che con tutto se stesso

cerca di spiegare a un ragazzino e fallisce

ma gli dà le parole.

Translator's Note

Pietro Federico is an Italian poet who lives in Rome. His book, La Maggioranza delle Stelle (Most of the Stars)—50 poems, one for each state, was published in Italy last year by Edizione Ensemble. The poems are, by turns/combinations, poems of history, personality, desire, spirituality, freedom, longsuffering, identity, eros, beauty, nature, and more, as varied as the landscapes and people of the United States. The poems are akin to Federico Garcia Lorca’s Poet in New York in its famously surreal and wide-eyed look at our country, its examination of not just New York, but other landscapes, its singular voice (even though multiple voices arise in the pages), its deep spiritual quest, and its startling imagery. But Pietro is his own unique poet. I doubt there is anyone writing poems like this in Italy. It seems to me that we Americans take for granted many of the things that Pietro is able to see in this body of work, especially our own history. There is something of many of our best poets in his work: William Carlos Williams, Elizabeth Bishop, Sylvia Plath, Langston Hughes, Wendell Berry, just to name a few. Many of Pietro’s poems in this book rhyme intermittently, and I have tried to play with that sonic quality by rhyming in my translations as well as other linguistic mirroring.

 

26 of these poems are forthcoming or already published in: Birmingham Poetry Review, Alabama Literary Review, Azonal, Hopkins Review, Literary Matters, Journal of Italian Translation, Los Angeles Review, On the Seawall, and other journals.


John Poch

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